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Chiusura anticipata di bar e ristoranti: il video della città che si spegne

Alessandro Landini
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Lunedì 26 ottobre
La rassegnazione e la rabbia dei gestori dei bar della città nel primo giorno di "mini-lockdown"
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La firma del Presidente del Consiglio sul nuovo decreto accompagna le mani di proprietari di bar, ristoranti, gelaterie, pub e pasticcerie ad abbassare le saracinesche alle 18. E sarà così almeno fino al 24 novembre, salvo nuove disposizioni. Il servizio delle attività della ristorazione già citate sono consentite dalle ore 5 fino alle 18. Il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi.

Nel provvedimento si prevede che dopo le 18 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico mentre è consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitaria. È consentita fino alle 24 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.

Così anche Trani rispetta il nuovo Dpcm, saggiando la rabbia e la tristezza dei commercianti che mostrano una sola grande paura: “Senza aiuti immediati il nostro settore è morto”.

Sono da poco passate le 18 e i bar della città raccolgono i tavolini esterni e abbassano le saracinesche. Si respira una strana sensazione, diversa da quella di marzo. Una sensazione di rabbia mista a stanchezza di dover combattere per il proprio futuro, per il proprio diritto di vivere lavorando. “Non capisco il senso della chiusura alle 18. Sul porto ci lavora il 50% dei ragazzi della città e adesso, con queste restrizioni, praticamente non tutti lavoreranno. Cosa faranno?” si chiede Francesco, titolare del bar “Champagnerie” sul porto di Trani il quale, in tanti anni di lavoro, racconta di non aver mai visto la zona così spopolata e spenta.

Prova ad essere ottimista il gestore dell’Extra Bar: “Nessuno è contento di questa situazione. Purtroppo sappiamo che non c’è una ricetta per uscirne velocemente e non possiamo far altro che attenerci alle regole e aspettare. Ciò che avremmo dovuto fare era indossare le mascherine, osservare il distanziamento personale e igienizzare le mani. Non ci sono stati controlli per questo ed oggi siamo in questa condizione“.

Alcuni di loro provano l’ultima carta, quella della consegna a domicilio, come alternativa alla chiusura. È il caso del bar “Guendalina” che, nel primo giorno dell’entrata in vigore del nuovo Dpcm, ha chiuso al pubblico alle 18 per prepararsi alla consegna alternativa. “Ci hanno paragonato ai bar del nord che fanno gli happy hour a quest’ora ma al sud è diverso” dice Fedele. “Noi lavoriamo fino alle 21 perché abbiamo una pausa pranzo più lunga a differenza loro e quindi dovremmo lavorare adesso ma non possiamo più farlo”.

Mara impila le sedie e le sistema all’interno del suo bar, in pieno centro. “Le Delizie”, il suo bar, è in chiusura. Un’ultima passata di straccio sul bancone, un sospiro di rassegnazione e luci spente. “Noi chiudiamo però penso anche ai negozi che vivono nella nostra stessa strada, seppur di categorie diverse. Restano aperti ma chi potrà spendere?” dice Mara. “C’è rabbia, è ovvio, perché ora paradossalmente chiudo il mio negozio e posso uscire tranquillamente per andare, magari, al centro commerciale. Noi del settore bar forse siamo anche agevolati dall’orario, a dispetto invece di pizzerie e ristoranti, ma dietro queste attività che non lavoreranno c’è un indotto che soffrirà”.

Regole che lasciano con l’amaro in bocca i gestori di bar, accomunati da una rabbia condivisa e da un’opinione unanime: “La salute prima di tutto, sì. Ma una stretta così dura non è sostenibile”.

martedì 27 Ottobre 2020

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