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Francesco, il custode del fuoco. L’ultimo forno di Trani: cronache dalle vene della città

Donato De Ceglie, Alessandro Landini
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Francesco Magnifico - L'ultimo forno
Francesco traccia una soglia: il 1985. Quello è l'anno in cui secondo lui è iniziato il declino della mole e della richiesta di lavoro
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Via Sasso 30, occhi sul fuoco e spalle alla strada. Non è l’inizio di un brano di Guccini, è la vita che Francesco Magnifico da quasi cinquant’anni conduce nel cuore della città. Un uomo gli consegna una teglia di pasta al forno, una signora prende una busta di carboni che lui conserva sul fianco destro del locale seminterrato. L’ultimo forno di Trani si trova in zona piazza Garibaldi, a breve distanza dalla chiesa di San Michele. Francesco, conosciuto da tutti i tranesi e dai suoi clienti come Franchino, è il custode del fuoco. Un ruolo sociale il suo prima che un lavoro: è l’ultimo vessillo delle tradizioni che – se non benedette da una scelta di sopravvivenza e riadattamento – tra qualche tempo saluteremo.

Il sapore del pomodoro bruciacchiato sui bucatini in questo forno – assicura – non è lo stesso dei moderni forni. “Eravamo in sedici, quando io ero piccolo e lavoravo qui in questo forno di mio padre, erano sedici i forni di tutta la città. Alcuni nella zona storica, altri nella zona nuova entro le mura cittadine se vogliamo dare un’indicazione (Corso Vittorio Emanuele, nda). Avevamo anche un’associazione di categoria, fornai e artigiani, con la quale si prendevano alcune decisioni in merito ad aperture o gestioni di decisioni in maniera democratica”.

Francesco traccia una soglia: il 1985. Quello è l’anno in cui secondo lui è iniziato il declino della mole e della richiesta di lavoro, complice l’avvento di elettrodomestici negli appartamenti, complice lo spopolamento di alcune zone della città in favore di altre fuori dalla “portata” dei forni, complice il fiorire di panettieri in grado di controllare nella propria attività cotture e sfornate. “Quando ho iniziato a lavorare qui, iniziavamo alle 4 del mattino e nei periodi più intensi si finiva alle dieci di sera. Perché i panettieri portavano qui pane, biscotti e taralli che poi avrebbero rivenduto nelle attività. Oggi apriamo in mattinata e chiudiamo intorno alle 14”.

Controlla l’orologio e imbraccia due tronchi che deposita nella pancia del forno fino a renderla una cassa armonica per il crepitio del fuoco che regala un’orizzonte illuminato al locale. Franchino non parla solo di sé, ha molto più piacere nel raccontare di tutti i forni della città, quasi a voler tracciare una mappa dei ricordi per non farli sbiadire. “Quest’anno il Coronavirus ha peggiorato le cose, è vero, ma i clienti soliti non abbandonano l’idea del forno. La domenica portano qui pasta al forno, focacce, teglie (tielle, tiedde) di riso patate e cozze, perché vogliono una cosa fatta bene”.

Se il periodo post-pandemico dovesse tornare a riproporre Trani come meta turistica, da questi punti fermi nella storia della città non si potrà fare a meno. Nel nome delle tradizioni, nel nome delle “cose fatte bene”.

martedì 22 Dicembre 2020

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