Cultura

Un mare fragile, la lezione di Ferdinando Boero. Articolo di una studentessa liceale

Elena Digaetano
Ferdinando Boero
Dovremmo imparare a sfruttare le nostre conoscenze per agire in maniera sostenibile, trovando nuovi modi per generare energia e per produrre cibo
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Come può la cultura di impianto umanistico dei licei avere un ruolo attivo in quella questione su cui sentiamo tanto parlare al giorno d’oggi, ovvero la sostenibilità?

E’ questa la domanda che gli studenti del liceo ”Francesco De Sanctis” hanno sentito nascere in loro in seguito all’incontro con Ferdinando Boero, zoologo e biologo marino, professore presso l’ Università del Salento, per il tema ”Un mare fragile: la sostenibilità marina nell’era dei cambiamenti climatici”.

A primo impatto gli studenti, frequentanti studi classici e umanistici, si sono sentiti del tutto estraniati da un argomento che risulterebbe esclusivamente scientifico, ma hanno potuto in seguito riscoprire, grazie alla guida del professore, il ruolo fondamentale che questo loro tipo di formazione può rivestire nell’ambito della cura del nostro ambiente.

Partendo dalla descrizione del funzionamento di un tipico ecosistema marino, passando attraverso gli interessi dell’economia e fino a sfociare nei temi oggi affrontati dalla bioetica, i ragazzi hanno infatti potuto constatare quanta poca coscienza e conoscenza hanno non solo a proposito della natura, ma anche di se stessi, in quanto prodotti di essa. Difatti, numerosi studenti non erano in grado di descrivere alcuni processi fisiologici del corpo umano, tanto meno l’importanza del ruolo svolto dai microorganismi su questo pianeta. Come spesso critica Boero, <>. Come si può salvaguardare l’ ambiente senza capire le sue dinamiche, senza riconoscere di esserne il suo frutto? E che fine ha fatto il << conosci te stesso>> a cui ci incitava Socrate qualche secolo fa? Sicuramente questa massima ci servirebbe ora per capire quanto mettere in primo piano la cura dell’ambiente sarebbe al pari di mettervi noi stessi. Se tutti fossimo consapevoli di questa relazione che intercorre tra uomo e natura, non metteremmo di certo sul piedistallo la crescita del nostro capitale economico, interesse prediletto dell’ economia, che, basata sulla combustione di idrocarburi, provoca invece una decrescita del capitale naturale, surriscaldando il clima globale e alterando così gli ecosistemi. Il 90% della Terra è ricoperto d’ acqua, condizione necessaria allo sviluppo e sostentamento della vita, eppure continuiamo e riempire gli oceani di plastica e a sottovalutare l’innalzamento delle loro temperature. La parte peggiore è che, piuttosto che risolvere dalla radice tutti di disastri che abbiamo e continuiamo ad apportare all’ecosistema, escogitiamo nuove e assurde risoluzioni per permettere che tutto ciò continui a causare distruzione, ma magari in altre sedi, come spiega il professore facendo riferimento alla proposta portata avanti da Stephen Hawking di colonizzare altri pianeti all’interno del sistema solare.

Dovremmo imparare a sfruttare le nostre conoscenze per agire in maniera sostenibile, trovando nuovi modi per generare energia e per produrre cibo,senza ridurre all’osso le risorse di un ambiente del quale noi siamo ospiti, non di certo padroni. Sicuramente possiamo vedere la sostenibilità un po’ come un gesto di solidarietà verso generazioni future, che non dovranno ,in questo modo, preoccuparsi di porre rimedio alle conseguenze dei nostri errori.

Impariamo a valutare la salvaguardia del nostro patrimonio naturale come qualcosa di estremamente intrinseco della nostra essenza di esseri umani.


Elena è una studentessa del Liceo Classico e la ringraziamo per questo articolo augurandole buona strada

giovedì 29 Novembre 2018

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