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Ristoranti e pizzerie dopo il Dpcm: “Noi, i martiri del Covid”

Alessandro Landini
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Nuovo Dpcm
La testimonianza di gestori e titolari di ristoranti e pizzerie alla luce delle nuove restrizioni del Governo
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Per il mondo della ristorazione saracinesche abbassate alle 18 in punto. Dopo quell’ora consentito solo l’asporto e la consegna a domicilio. Chi vuole pranzare al ristorante o prendere un caffè seduto a tavolino può farlo fino alle 18 e con al massimo tre amici o parenti. Oltre a bar e pasticcerie, la stretta del nuovo Dpcm ha colpito anche ristoranti e pizzerie, molte dei quali devono reinventarsi per tener testa alle restrizioni per contenere il contagio da Covid-19.

“Capiamo il dimezzamento dei tavoli, capiamo la capienza massima nel locale, anche il limite d’orario a mezzanotte. Ma la chiusura alle 18 è troppo” è il commento comune di gestori e ristoratori tranesi che proprio non riescono a mandare giù le nuove imposizioni del Governo. Una stretta troppo vicina alla loro categoria che, in questo momento, deve pensare a nuove formule per poter lavorare. Asporto e domicilio sono le uniche modalità di lavoro concesse dopo le 18.

“Fortunatamente lavoriamo bene con l’asporto anche se non avere posti a sedere è un importante limite” dice il gestore della pizzeria “San Ciriaco”. “Ci hanno paragonato alle attività del nord, i cui orari sono diversi dai nostri. Lì ci sono clienti che escono per un aperitivo già alle 17:30 e alle 22 le cucine dei locali chiudono, qui invece è totalmente diverso”.

“Siamo martiri del Covid” è il parere di Ivan, titolare di “Osteria Frangipane”. Lui, giovane ristoratore, ha deciso di non abbattersi e si è fatto trovare pronto al cambiamento: “In questo momento abbattersi non porterebbe a nulla, seppur la situazione sia davvero difficile. L’aria che si respira è di paura, incertezza e timore che stanca sia la nostra categoria sia l’utenza. Bisogna darsi da fare, essere pronti a cambiare quella che era la personale idea di ristorazione”. Nella sua attività ha deciso di ripristinare nella sua attività il servizio a domicilio. “Non avevamo mai pensato di attivare il delivery, seppur non sia un’alternativa valida. Il ristorante non è solo il prodotto finito ma è convivialità ed accoglienza, è creare un certo rapporto fra cliente e ristoratore che a casa non puoi riprodurre. Molte persone vengono non tanto per il piatto finito ma per trovare noi”.

La stessa concezione e idea di ristorazione è condivisa da Gabriele, titolare del “Regia Restaurant”, il quale afferma che “con queste restrizioni nella ristorazione non lo combattiamo il virus e mi preoccupa che il peggio possa arrivare nel mese di dicembre dove invece dobbiamo essere più ricettivi”.

Restrizioni troppo strette verso una sola categoria che non argineranno il problema è il pensiero comune dei ristoratori tranesi. “Dovevano chiudere tutte le attività alle 18 per poi farci lavorare bene nel mese di dicembre che, si sa, c’è molto più turismo e molto più movimento” continua Gabriele. “Se la ristorazione dovesse morire in quel mese, la situazione sarebbe davvero preoccupante”.

“Non arrendersi” sembra essere il pensiero comune che accompagna l’intera categoria della ristorazione, come in un ritorno al passato che nessuno sperava di affrontare nuovamente.

mercoledì 28 Ottobre 2020

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