Anche quest’anno il 21 marzo si celebra la giornata mondiale della poesia indetta dall’Unesco. Si tratta di una ricorrenza utile a ricordare versi, poeti e poetesse che hanno segnato la storia dell’Umanità e a ribadire l’importanza, anche personale, di scrivere in versi.
Abbiamo parlato di questa giornata particolare con Giuseppe Laurora, in arte Isim, poeta e marinaio che ha all’attivo diverse pubblicazioni in cui racconta in versi il mare, l’amore e la vita.
Secondo te servono le giornate mondiali, come quella della poesia, e, in caso positivo, perché sono utili?
“Ci sono diverse giornate mondiali come quella della felicità, dell’acqua e anche della poesia. Secondo me servono a ricordare a noi stessi che esistono, oltre alla routine quotidiana, anche altre realtà come la poesia. Nello specifico questa ci serve a ritornare allo studio e alla lettura e soprattutto serve ai giovani, molti dei quali passano più tempo sui telefonini che sui libri”.
A proposito di giovani, come possiamo persuaderli alla lettura e alla scrittura di poesie?
“Dobbiamo essere noi grandi a educarli e a spingerli alla cultura. Devono coltivare le loro passioni e dedicarsi a quello che per indole sanno fare. L’educazione dovrebbe iniziare dal periodo dell’infanzia. La scuola serve a questo: deve insegnare alle future donne e futuri uomini che il progresso va bene, ma serve continuare sempre a coltivare la propria passione”.
A te la poesia a cosa è servita?
“La poesia è la mia passione principale, un mio grido, uno sfogo, tramite cui riesco a buttare giù rabbia, solitudine, ma anche felicità. Anche il mare mi ha aiutato molto: da quando ho iniziato a inizi 2000 non mi sono più fermato. Io ho scoperto la passione per la poesia in tempi non sospetti: quando navigavo ho iniziato a scrivere perché la solitudine porta alla scrittura e alla lettura. Ritrovandomi solo nel mare non sapevo con chi parlare e ho iniziato a scrivere. Le mie prime poesie sono sogni che facevo, domande, questioni, poi man mano che sono cresciuto ho creato una mia tecnica. Adesso sento il bisogno di scrivere. La poesia è pura e semplice libertà e verità perché quando abbiamo un foglio e una penna non possiamo mentire”.
Con il “Festival dei dialetti” siete riusciti a valorizzare il vernacolo e a promuovere anche poesie dialettali…
“La poesia è libertà, quindi scrivere versi in vernacolo è comunque arte. Con il festival vogliamo salvaguardare la lingua che adesso sta scomparendo e siamo riusciti a dare vita a poesie in vernacolo. In questo ci siamo anche divertiti. Sembra facile scrivere in dialetto ma non lo è affatto, serve studio perché è una lingua complessa. Noi abbiamo fatto nascere una scintilla, non sappiamo cosa può succedere”.