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Trani a gogo - Giorgio Gaber
La storia

“Trani a gogò”: i trani milanesi e i tranatt cantati da Giorgio Gaber

Sarah Avveniente
Sarah Avveniente
Sul vocabolario Treccani si legge: “trani” s. m. – Nel Milanese, fino a tempi recenti, bettola, osteria, dal nome del centro pugliese, che appariva nelle insegne di osterie che indicava anche, genericam., il vino rosso sfuso. L’atmosfera di questi luoghi ce la canta Gaber negli ‘60.
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Certe espressioni o parole dialettali hanno lo strano potere di trasportarci dentro scorci di vita vera, di dipingere realtà passate, ormai sfocate, che nonostante tutto rimangono vive, incastrate tra una lettera e l’altra. 

È il caso dell’aggettivo milanese tranatt dove l’assonanza è palese ed è evidente che si nasconda la nostra Trani. Ma procediamo con ordine.

Essere un tranatt significava frequentare assiduamente le osterie dove si era soliti alzare spesso il gomito e bere molto vino. Queste osterie a Milano si chiamavano proprio “trani”.

Ed è qui che il vocabolario Treccani ci viene in aiuto, riportando una definizione interessate: 

trani

s. m. – A Milano o nel Milanese, fino a tempi recenti, bettola, osteria, dal nome del centro pugliese di Trani (in prov. di Bari), che appariva nelle insegne di osterie, da solo o nella locuz. vino di Trani, che indicava anche, genericam., il vino rosso sfuso.

E perché proprio Trani? 

Beh il motivo viene da lontano ed ha a che fare con la storia politica ed economica dell’Italia. In particolare con Francesco Crispi, il primo politico meridionale a diventare presidente del consiglio nell’epoca in cui in Italia c’era la monarchia. Rimase al potere per quasi dieci anni (1887-1896) e, con il consenso di Umberto I, assunse anche le cariche di ministro degli Interni e degli Esteri. Proprio in politica estera preferì consolidare l’alleanza con la Germania, mostrandosi ostile verso la Francia. Quest’ultima, indispettita, introdusse una tariffa doganale discriminatoria nei confronti dei prodotti italiani. Crispi – in tutta risposta – reagì aumentando del 50% i dazi sui prodotti francesi. Iniziava, così, la guerra doganale tra Italia e Francia. 

A pagarne le conseguenze fu l’economia del Sud Italia: non a caso i francesi erano i principali acquirenti dei prodotti agricoli del Mezzogiorno. Così, già alla fine dell’Ottocento, iniziò il fenomeno migratorio dal sud al nord. 

I pugliesi che arrivavano a Milano aprivano locali “alla buona” dove poter vendere il vino delle loro campagne, lo stesso che non poteva più essere protagonista del commercio d’oltralpe. Nel 1931 furono circa 40mila i cittadini pugliesi – il 5% del totale – che decisero di trasferirsi a Milano e, nel secondo dopoguerra, le loro vinerie alla mescita si allargarono a macchia d’olio. 

È probabile, allora, che l’arrivo di partita di vino tranese abbia destato così tanto scalpore, da diventare rappresentativa e comparire nelle insegne di tali osterie per indicare la provenienza dei vini sfusi che giungevano anche da altre cittadine del Sud.  Ma è anche vero che, tra gli osti pugliesi, la maggior parte proveniva da Trani. Da lì passare al più veloce «vado al trani» fu quantomai naturale. 

I frequentatori abituali – o meglio i tranatt – spesso erano operai e contadini che bevevano il vino pugliese – forte per antonomasia – a buon prezzo. Per loro pare che costituisse un energetico fondamentale tanto da essere chiamato “carne potabile”. Per altri, questo vino era tanto forte da dove essere tagliato con i vini più leggeri del luogo.

Chi descrive al meglio l’atmosfera di questi luoghi “abbastanza per male” è Giorgio Gaber il quale, negli anni ‘60,  scrive, in collaborazione con l’umorista Simonetta, la celebre canzone “Trani a gogò”. 

Immaginiamo allora lo stupore dei tranesi nel sentirsi in qualche modo protagonisti di una canzone del rampante Signor G (come lo chiamavano i suoi estimatori). Così come è probabile che pochi sapessero il significato della locuzione avverbiale “a gogò”: un raddoppiamento scherzoso della sillaba iniziale del francese gogue (divertimento o piacere) traducibile, forse, con l’espressione “a profusione”. 

Ascoltandola, si può quasi far amicizia con una serie di personaggi che frequentavano “i trani”:

un vecchio barista dall’aria un po’ triste, la vecchia zitella che cerca l’amor, un pregiudicato uscito da poco che spiega a un amico l’errore che fece, il finto pittore col finto scrittore che parlan di sé tra sé e sé.

Tutti passavano la sera “scolando barbera”, cantando, giocando a carte o a bocce e ballando (forse due tanghi o l’antica mazurka). Ne deduciamo, allora, che essere tranatt significasse partecipare ed abbandonarsi al clima spensierato e – forse – un po’ dissoluto di questi locali, antenati prossimi dei moderni wine bar.

Ed uno di loro, a quanto pare, era Lino Banfi che racconta: 

Andavo nei trani e iniziavo a canticchiare delle canzoni facendo finta di essere nero, con una calza in testa in cambio di un pasto e un bicchiere di vino. Capii da subito che il nostro linguaggio dialettale faceva ridere

Per concludere, nella copertina interna del 45 giri di “Trani a gogò” Vincenzo Micocci scrive: 

La Milano di cui si occupa Gaber è una Milano minore, che i fastosi grattacieli della Milano del miracolo economico, fanno rimanere un po’ in ombra. Ma essa non solo esiste, è «viva»

Oggi, dopo sessant’anni, se si chiede ad un milanese “di andar per i trani” è più probabile che pensi alla nostra città e alla cattedrale sul mare. Piano piano, infatti, tali osterie sono scomparse tra la nebbia dei Navigli o si sono trasformate tanto da diventare irriconoscibili. Eppure, come ogni realtà pulsante che si rispetti – seppur tramontata – ha lasciato un filo nella trama del presente. E basta tirarlo un po’ per imbattersi in un termine dialettale, in una canzone o nel candido ricordo di qualcuno e scoprire che, in fondo, la storia non tramonta mai. 

venerdì 27 Ottobre 2023

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Giovanni
Giovanni
6 mesi fa

Un giorno possibile aprirò una piccola bettola, osteria e cantina come mia nonna materna a Trani e dove mia madre bimba ha vissuto quelle vive atmosfere che con i suoi ricordi raccontati mi ha fatto rivivere. Grazie Gaber 🎈💓🍷✨