Accadde nel 1943: una Pasquetta rosso sangue. Il racconto della signora Sonatore, sopravvissuta per miracolo. Le foto

Sarah Avveniente
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«I miei genitori sono morti lasciandomi come un seme sulla terra». Il rammarico della signora Mina è chiaro: «questi 35 morti sono stati per lungo tempo invisibili». L’inaugurazione della nuova lapide commemorativa si terrà il 27 aprile, in piazza Teatro: esattamente 80 anni dopo la tragedia
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«I miei genitori sono morti lasciandomi come un seme sulla terra». Il rammarico della signora Mina è chiaro: «questi 35 morti sono stati per lungo tempo invisibili». L’inaugurazione della nuova lapide commemorativa si terrà il 27 aprile, in piazza Teatro: esattamente 80 anni dopo la tragedia

Alcune storie le conosciamo a memoria, tanto bene da sembrare incise nel nostro patrimonio genetico, nostre tanto quanto è nostra la forma degli occhi – ereditata dalla nonna – ed il loro colore, simile a quello del papà, ma appena più caldo perché amalgamato con quello della mamma. 

Ebbene, così funziona con le storie: diventano nostre per osmosi. Qualcuno – o qualcosa – deve trasmettercele. Può capitare allora che, nel passare da orecchio ad orecchio, da una storia ne nasca un’altra. Simile in tutto e per tutto ma tinta di quella sfumatura acquisita per sentito dire o forse priva di un tratto importante, rapito dal vento prima di essere afferrato. 

Sebbene ricostruirne l’aspetto originario sia preferibile ed auspicabile, la priorità è che queste storie rimangano vive nella memoria collettiva. Il silenzio e l’indifferenza sono i loro assassini. E allora a volte romperlo può salvare una vita di ricordi. 

Le foto di un tempo: la piccola Domenica

Che l’Italia sia entrata nel secondo conflitto mondiale in ritardo, nel 1940, è storia viva. Ce lo ricorda ogni libro di storia. Così come il fatto che inizialmente fossimo alleati con la Germania. Nel marzo del 1943, tuttavia, iniziava a diffondersi tra gli italiani un palese malcontento verso il regime fascista. Infatti, nel luglio dello stesso anno, Mussolini si destituì e l’8 settembre Badoglio firmò l’Armistizio che sancì il disimpegno dell’Italia dall’alleanza con la Germania di Hitler. 

Già nei mesi precedenti, però, gli anglo-americani stavano avanzando nel sud Italia con battaglie e bombardamenti che seminavano da un lato libertà (dal regime), dall’altro macerie. 

E noi tranesi dovremmo saperlo bene perché di queste macerie si sono riempite le strade nostre. Ma la realtà è un’altra: questa è una storia ignota ai più, esanime, pallida, sfocata non mantenuta viva dalla eco che meritava. Non resta allora che ridarle colore.

A raccontarcela è una testimone, sopravvissuta – a seconda delle preferenze di ciascuno – per puro caso o per uno strano, quanto insindacabile, disegno del destino: la signora Domenica (o Mina) Sonatore Cosentino.

Le foto di un tempo: la piccola Domenica Sonatore

«Era il lunedì di Pasqua del 1943. Il giorno prima, il 25 aprile, la mia famiglia aveva festeggiato la Pasqua, insieme al mio terzo compleanno. Ero molto piccola quindi ricordo poco. Questa storia per me è come una fiaba: me l’hanno raccontata tante volte». 

In quei giorni, a quanto pare, doveva respirarsi un’aria di festa, nonostante la guerra. O forse proprio la guerra induceva i tranesi a cogliere l’attimo, a godersi il momento e i propri cari tornati dalle armi per una breve licenza. 

«Mio padre Nicola, era tornato dalla guerra per un problema ai denti che non gli consentiva di masticare ed anche mio zio Nunzio aveva fatto ritorno dalla Marina Militare. Dovevano essere giornate calde, quelle. Tanto da iniziare già a prendere la via del mare. Peraltro la tradizione voleva che a Pasquetta si andasse verso Colonna per sostare sulla spiaggia gremita di tranesi e non – la nostra città ha sempre attirato tanta gente – magari davanti ad un falò. Si tornava a casa tardi, dopo la mezzanotte. Io, a quanto pare, ero molto stanca. Così rimasi con nonna Carolina e quella notte dormì a casa sua. Mia madre Filomena e mio padre – che avevano rispettivamente 22 e 28 anni – continuarono a godersi la giornata. Con loro rimase anche mia sorella Riccarda, troppo piccola (10 mesi) per allontanarsi dalla mamma». 

I genitori della signora Sonatore, ormai 83enne, tornarono, dunque, a casa ignari e forse contenti  per la bella giornata trascorsa. Non immaginavano di certo che quella stessa notte, tra le ore 2 e le ore 3, avrebbero trovato la morte a causa di un bombardamento da parte degli anglo-americani (27 aprile 1943). 

«Le sirene d’allarme non suonarono, nessuno fu avvisato» continua la signora Mina. «Gli inglesi, di solito, percorrevano la costa durante il giorno e mandavano dei bigliettini d’avviso prima di un bombardamento. Ma quella volta non andò così: le bombe furono sganciate senza alcun preavviso. Una di queste colpì, tra le altre, l’abitazione dei miei genitori sita in Via Statuti Marittimi: quella palazzina sotto la quale ora c’è un panificio». 

Incredibile pensare che la piccola Domenica non fosse poi neanche troppo distante da lì: anche la nonna Carolina abitava in Via Statuti Marittimi all’altezza della statua di San Nicolino. 

Ma il racconto non finisce qui. «Il boato fu enorme ed il cielo si illuminò a giorno. Mia nonna corse in strada, facendosi largo nel buio e nel fumo. Raggiunse le macerie gridando il nome dei figli (Filomena e Nunzio) e del genero (Nicola). Li trovò. Mia madre e mia sorella erano già morte. Mio padre e mio zio, invece, fecero in tempo a rivolgere le ultime parole a nonna Carolina. Quelle del mio papà erano tutte per me: “mi raccomando a Menichina”, così mi chiamava». 

«I miei genitori – nati entrambi il 18 marzo – sono morti insieme, nella notte del 27 aprile di 80 anni fa, lasciandomi come un seme sulla terra» conclude la signora Mina.

Parziale elenco delle vittime della Pasquetta di sangue - presente ne “Il Tranesiere” (Anno V - 25 aprile 1963 - n 7)

Il rammarico della nostra testimone è chiaro. «Questi 35 morti, 21 civili e 14 militari, sono miei e anche nostri, di noi tranesi, ma sono stati per lungo tempo invisibili. A Trani non hanno mai cercato di approfondire la questione. Questa storia, di fatto, è rinata solo 50 anni fa, nel 1993, quando – ci tengo a sottolinearlo – in autonomia, con le mie sole forze, ho fatto realizzare dei manifesti ed ho organizzato una messa di suffragio nella chiesa della Madonna del Carmine. Alla stessa partecipò anche il professor Raffaele Piracci, uno dei pochi che già 30 anni prima, nella ricorrenza ventennale, aveva scritto un articolo di omaggio alle vittime del 27 aprile. Quest’ultimo fu pubblicato il 25 aprile del 1963 ne Il Tranesiere, il giornale quindicinale di cui era direttore. È stato lui a definire questa tragedia “Pasquetta di sangue”». 

Leggendo lo stesso articolo emerge un peculiare atteggiamento dei tranesi che dovevano sentirsi, perlomeno in quelle giornate, distanti dai possibili pericoli della guerra, composti e tranquilli. 

Tale tragedia servì ai tranesi a temere veramente la guerra anche a Trani stessa e a cominciare a sottoporre a più severa critica gli eventi politici dell’Italia. 

Le parole di Piracci, confermate dal racconto della signora Sonatore, rendono noti dettagli ulteriori: 

Quattro furono le bombe lasciate cadere. Fortunatamente due di esse caddero in acqua, mentre le altre due, piombate sulla banchina, esplodendo dilaniarono completamente con le schegge e lo spostamento d’aria il fabbricato posto fra le due strade ed in parte anche gli altri circostanti. Fu allora che il nostro glorioso ed antico teatro comunale ebbe il danno più grave. Alcune schegge giunsero sino a piazza Plebiscito. 

Immediatamente tutta la zona del porto risuonò di grida ed urla strazianti per la tragedia che si era abbattuta su una quindicina di famiglie […] 

L’opera di soccorso ebbe inizio quando gli apparecchi nemici non avevano ancora abbandonato la città ma si erano diretti presso le casermette di via Corato, di recente costruite ed entrate in funzione. Anche qui furono sganciate delle bombe che provocarono la morte di 14 militari rimasti affogati nel rifugio per lo scoppio delle condutture d’acqua.

Sorge spontanea, allora, una domanda: perché proprio Trani? Il professor Piracci nel suo articolo sottolinea che fosse consuetudine colpire sedi di rilevanti obiettivi militari o città molto popolate. Ma Trani non aveva più soldati delle città vicine, né un porto così grande.

La verità è che tale bombardamento effettuato dagli alleati (prima che divenissero tali), è stato un errore.

«L’obiettivo, in realtà, era Barletta» spiega Francesco Cosentino, figlio della signora Sonatore. «Ho appreso questa informazione che – se possibile – lascia ancor di più l’amaro in bocca, da Francesco Lotoro. Il pianista di religione ebraica, storico e musicologo conosciuto per la sua trentennale ricerca di spartiti musicali composti nei campi di concentramento nazisti, venne a conoscenza della storia di Trani durante queste stesse ricerche. I piloti inglesi avevano ricevuto delle istruzioni chiare: bombardare Barletta, ovvero il porto più vicino ai mucchi di sale (Margherita di Savoia). Tuttavia, a causa dei furti che imperversavano all’epoca, il sale era stato trasportato al porto di Barletta – che i piloti scambiarono per Margherita di Savoia. Il porto successivo sfortunatamente era proprio quello di Trani. Scambiata, dunque, per Barletta. Un ulteriore accanimento del destino». 

A partire dal 1993, l’impegno della famiglia Sonatore – riunita in un comitato cittadino – è stato costante ed ammirevole. Spesso il Comune di Trani si è mostrato indifferente, poco propenso a dare sostegno e a collaborare attivamente per mantenere vivo il ricordo collettivo dei fatti del ‘43. Fatti di cui – come sottolinea la signora Mina – 50 anni fa non era informato nemmeno il comandante della caserma Lolli Ghetti. Eppure, come detto, una delle bombe anglo-americane aveva colpito proprio le casermette. 

Andare oltre, allora, diventò una priorità.  

1993: messa commemorativa per le vittime del ‘43 tenutasi nella chiesa della Madonna del Carmine

Nello stesso ‘93 – anno in cui il Comune di Trani fu sciolto per mafia – il figlio della signora Sonatore scrisse una lettera al presidente della Repubblica di allora, Luigi Scalfaro. La riposta arrivò dopo neanche 6 mesi: era stata attivata una procedura per attribuire una medaglia al merito civile. Medaglia d’argento che la città di Trani avrebbe ottenuto solo nel 1998. 

Ma le traversie non finiscono qui. 

Nel 1994, grazie al benestare della commissione straordinaria, la famiglia Sonatore fece porre al cimitero di Trani una lapide con i nomi delle 35 vittime. 

1994: inaugurazione della lapide commemorativa al cimitero

«Nel 2004 – spiega Francesco Cosentino – sempre con le nostre stesse forze, abbiamo fatto in modo che venisse collocata sulla facciata di un palazzo sito in via Statuti Marittimi, una lapide commemorativa. Proprio lì, vicina vicina a quella che doveva essere la casa dei miei nonni e di mia madre». 

«Tuttavia, le attività commerciali ostacolano, di anno in anno, il suffragio: due anni fa la corona di fiori posta in onore dell’anniversario della tragedia, fu gettata a mare per evitare che infastidisse i clienti dei locali. Inoltre, i bidoni e i tavoli lì presenti, rendono quel luogo il meno adatto alla commemorazione. Per questa ragione sono state fatte al Comune di Trani altre due richieste: nel 2021, l’apposizione di una targa o lapide commemorativa in una delle aiuole spartitraffico poste all’ingresso della Caserma “Lolli Ghetti” ed un mese fa, l’intitolazione di una strada o di una piazza ai caduti tranesi del 27 aprile 1943». 

La signora Sonatore e alcuni sindaci delle città di provenienza dei militari morti nel ‘43 (piazza Trieste)

«Sebbene il Comune non abbia ancora concretizzato tali richieste – conclude il responsabile del comitato e figlio della signora Mina – siamo giunti ad un accordo. Verrà posta in piazza Teatro un’altra lapide sulla quale saranno incisi i nomi delle 35 vittime ed un riferimento al fatto che, a seguito del bombardamento, anche il teatro fu danneggiato. L’inaugurazione ufficiale della stessa avverrà il prossimo 27 aprile, esattamente 80 anni dopo il bombardamento aereo. Siamo molto felici di questo traguardo: sarà una bella festa ma soprattuto un modo per mantenere vivo il fuoco del ricordo, nella speranza che non si spenga più».

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