Pillole di storia

Trani, duecentoventiquattro anni fa: un funesto 1º aprile. Detti e strade intrisi di storia

Sarah Avveniente
Sarah Avveniente
I francesi, guidati da Broussier, mettono a ferro e fuoco Trani in nome degli ideali rivoluzionari
Secondo le fonti, le vittime furono circa 800. Ne ricordiamo una tra le tante. Una donna, eroica a suo modo: Maria Ciardi, cui è intitolato un vico stretto che collega via Ognissanti a via Statuti Marittimi. Ella, nella primavera del 1799, aveva solo 20 anni e perse la vita proprio quel 1º aprile
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“Mò ava secciàite u novantanauve” (adesso deve succedere il novantanove, tr. letterale).

Probabilmente questa espressione popolare risulterà familiare a coloro i quali sono cresciuti con la cattedrale negli occhi, tra un “ada scè schelz a Clonn” e l’altro, tutti immersi nell’essenza tranese che solo il vernacolo – e chi lo padroneggia – sa restituire appieno. Per i meno fortunati la specifica è d’obbligo: questo detto sopracitato è usato per annunciare qualcosa di tragico e disastroso. Se, poi, ci si distacca dall’uso automatico e convenzionale dell’espressione e ci si ferma a pensare, la domanda sorge spontanea: perché questo ‘99 è associato ad un disastro? 

Come ogni detto che si rispetti, anche quest’ultimo nasconde una storia. Spesso si crede che la stessa possa essere letta solo nei libri, che sia fatta solo di periodizzazioni, di grandi e determinanti avvenimenti, di cause e di conseguenze. Nella memoria risuonano i nomi altisonanti dei protagonisti che hanno assemblato la storia come si fa con le tessere di un puzzle, lo stesso che noi oggi guardiamo dall’alto, con una certa distanza.    

Ma la verità, in fondo, è un’altra. La storia non è tutta imprigionata nelle pagine dei libri: è nelle parole che accostiamo per convenzione, è nei nomi delle strade che dimentichiamo facilmente o nelle piazze che attraversiamo quotidianamente. Allora – forse – a volte basta guardarsi intorno e osservare, ascoltare meglio e farsi una domanda in più per rendersi conto che nella storia ci siamo immersi fino al collo. 

Per esempio, il ‘99 che cita il detto fa riferimento ad un fatto accaduto esattamente 224 anni fa.

È il 1º aprile 1799. Un lunedì, nello specifico.

Ma facciamo un passo indietro. In Francia c’è stata la Rivoluzione che ha portato all’abolizione della monarchia e all’instaurazione di una repubblica nuova di zecca. L’Italia è divisa in staterelli ed è soggetta all’influenza politico militare dell’Impero Asburgico. Nello specifico, la Puglia – insieme a Lucania, Sicilia, Abruzzo e Calabria – fa parte del Regno delle Due Sicilia sul quale regna pacificamente la dinastia dei Borbone di Napoli. Tale assetto viene sconvolto dall’arrivo in Italia delle truppe francesi guidate da Napoleone. Il loro obiettivo è quello di convertire il mondo all’ideologia rivoluzionaria. Quest’ultima, però, può essere condivisa al massimo dai ceti borghesi ed intellettuali ma è malvista dai contadini e marinai che, invece, sono pro Borbone.

Dopo la fuga del re Ferdinando IV (Borbone) da Napoli e la creazione della Repubblica Partenopea, il clima di confusione arriva anche a Trani che in questo periodo ha una certa importanza: è Capoluogo della Terra di Bari, nonché sede della Regia Udienza e di altri importanti uffici giudiziari. Se puntiamo la lente di ingrandimento sulla nostra città, poi, notiamo che in tale momento insorgono alcuni liberali (a favore delle idee francesi). Questi ultimi il 4 febbraio 1799 innalzano il pino con il berretto frigio in cima – simbolo della libertà e dell’abolizione della tirannide – nella piazza prima conosciuta come Largo S. Francesco. Non a caso, a questo luogo nel 1901 verrà attribuito un altro – orami scontato – toponimo: piazza della Libertà. 

Tuttavia, il nuovo regime non durerà a lungo e la reazione non tarderà ad arrivare. Saranno due orologiai, i fratelli Filisio, a generare – secondo le cronache – la successiva anarchia: abbattuto l’albero della Libertà, il 25 marzo dello stesso anno verranno uccisi brutalmente 31 liberali fatti prigionieri nel Castello e 14 detenuti saranno massacrati in carcere (palazzo Valenzano). Ma non è tutto. Questi caporioni, a quanto pare, avrebbero intercettato e nascosto ben otto intimazioni di resa inviate dai Francesi nel mese di marzo. Preferendo, dunque, lo scontro armato, avrebbero reso possibili gli avvenimenti del fatidico 1º aprile 1799. Ed è qui che possiamo chiudere il cerchio.

Quel lunedì di 224 anni fa, il generale francese Broussier, tornato vittorioso da Andria, fornisce ai tranesi una ulteriore possibilità di resa. Considerate le risposte minacciose ed irridenti ricevute, decide di marciare sulla città. Efficaci, a questo proposito, risultano le parole dallo storico Antonio Lucarelli (La Puglia nel Risorgimento, 1934): 

La sciagura che si è abbattuta su Trani per lo spazio di ventiquattro ore, dalle tredici italiane del 1º aprile alla seguente mattina, supera ogni fosca immagine: incendi, stupri, rapine, sacrilegi, volontà omicida da parte dell’invasore (che, peraltro, non risparmiò proprio nessuno, neanche anziani, bambini, sacerdoti o suore).

Trani, dunque, viene conquistata brutalmente sino a diventare uno scenario apocalittico: cadaveri per le strade e nelle case, il Teatro distrutto, case ed abitazioni saccheggiate e vittime, tante vittime. Secondo alcune fonti, circa 800. 

Ne ricordiamo una tra le tante. Una donna, eroica a suo modo: Maria Ciardi, figlia di Giulio e Caterina Tedesco, residente in quello che anticamente si chiamava vico Vincenzo Manfredi. Ella, nella primavera del 1799, aveva solo 20 anni e perse la vita proprio quel 1º aprile. Invano, mentre stava per essere assalita in casa sua, chiese aiuto ed implorò pietà agli invasori “cuori di pietra”. Invano cercò di evitare il peggio lanciando pietre ed olio bollente sui conquistatori che cercavano di entrare nella sua abitazione. Dopo poco capì che sarebbe stata oggetto delle voglie dei francesi. Così, pur di salvaguardare il suo onore, decise di suicidarsi buttandosi dal terzo piano. Morì, dunque, sul selciato di quel vico che ora è a lei intitolato. Si tratta, appunto, di vico Maria Ciardi, quell’arteria – o meglio capillare – che collega, arco dopo arco, via Ognissanti a via Statuti Marittimi. Allora basta alzare lo sguardo per notare la targa toponomastica e pensare alla persona che c’è dietro quel nome e a cosa è accaduto in quella strada esattamente 224 anni fa. 

Occorre ribadirlo: siamo immersi nella storia, o meglio nelle storie che si nascondono persino nelle strade. Ci camminiamo addirittura attraverso ed inevitabilmente, al nostro passaggio, lasciamo tracce della nostra. 

sabato 1 Aprile 2023

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