Cronaca

Il diario del “don” sul Cammino: 27 giorni di spiritualità della strada tra accoglienza e fatica

Donato De Ceglie
Don Raffaele Sarno in una delle tappe prima della meta
"Uscire da una grande città, quando è ancora buio, risulta problematico. Troppi incroci, le frecce gialle, che indicano il Cammino, diventano invisibili. Ti affidi alla buona sorte"
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800 chilometri a piedi per accogliere un cambiamento epocale nel suo servizio diocesano. "Dopo quasi 30 anni di Caritas cittadina prima e Caritas Diocesana poi, non ricopro più questo ruolo. Resto cappellano del Carcere maschile e, da pochi giorni, anche di quello femminile, allargando il mio servizio. Visto che la cosa non è stata del tutto indolore, ho deciso di prendermi un periodo di riflessione per ricaricare le energie". Questa la descrizione del post nel pre-partenza verso Santiago di Compostela, pubblicata lo scorso 7 agosto da don Raffaele Sarno, sacerdote dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie.

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All'inizio del suo Camino Francés, partito da Saint Jean Pied de Port, ha annunciato un diario social sul suo Cammino che è stato seguito da centinaia di amici e conoscenti che lo hanno accompagnato virtualmente e incoraggiato tappa dopo tappa. Le mappe dei suoi percorsi sono disponibili – corredate da un album fotografico – oltre che sulla sua bacheca Facebook, anche sull'applicazione Relive. Da buon sportivo un modo per tenere traccia, per non lasciare indietro nulla, neanche i numeri legati a chilometri percorsi, dati altimetrici e tempi. La prima tappa è stata impegnativa, sino a Roncisvalle, "Il dislivello da superare, di oltre 1400 metri, mette a dura prova le gambe ma vieni ripagato da paesaggi stupendi", ha commentato il "don".

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A marcare le emozioni e i sentimenti vissuti da don Raffaele durante il Cammino c'è un lungo elenco di nomi, di uomini e donne e di città. Ogni nome il sigillo di un lasciapassare, un dizionario di umanità da sfogliare per approfondire il significato di ogni incontro. Come i "due ragazzi, uno di Reggio Emilia e l'altro toscano", Andrea e Marco, incontrati nel secondo giorno a Pamplona in uno dei momenti più caldi e difficili del Cammino che però "col passare dei giorni, pur con la sua precarietà, sta rivelando sempre più la sua bellezza", commentava il sacerdote. Il cammino con Andrea e Marco si è interrotto nel giorno di Ferragosto, quando i due ragazzi decisero di fermarsi in città perché troppo stanchi, un "arrivederci" dopo quattro giorni di strada vissuta insieme che ha lasciato nuovamente in solitudine don Raffaele.

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Tra le persone che hanno conquistato un ricordo nel diario ci sono anche Pinuccio, il pugliese trapiantato a Mantova, che ha fatto il cammino con un carrello, attrezzato anche di tenda, per dormire all'aperto, Cristina che ad Hontanas era tra le volontarie che si sono offerte, gratuitamente, di massaggiare i piedi, o di curarli, per tutti i pellegrini che lo desideravano. "Avevo delle vesciche che mi davano fastidio e Cristina, una gentile signora, me le ha medicate con tanta cura e pazienza. L'ho ringraziata di cuore per tanta gentilezza". E ancora Claudio, un ragazzo di 28 anni di Corato, laureatosi da poco in ingegneria, o quel contadino che nel momento del dubbio in aperta campagna dinanzi ad un bivio ha indicato con un enorme sorriso la strada giusta da prendere.

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Spiritualità della strada scrivevamo, che non è legata solo ai momenti rituali cristiani pur vissuti dal sacerdote, dalla meditazione con la comunità cristiana nel quarto giorno di Cammino, all'Ufficio delle Letture nel segno della Vergine Assunta il 14 agosto, passando per l'applicazione che permetteva a don Raffaele di recitare ogni giorno il rosario. "Al mattino, quando inizio il Cammino, uso un app che mi permette, ascoltando, di recitare il breviario. Oggi era la memoria di S.Agostino, il grande dottore della Chiesa, i cui scritti ancora oggi costituiscono un grande insegnamento. Ad un certo punto, ascoltando un brano tratto dalle "Confessioni" , è risuonata la splendida esclamazione: "Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo". Quante volte l'ho letta, ma oggi mi ha particolarmente accompagnato ed è stato il modo con cui ho letto la mia vita spirituale, tanto balbettante, ma sempre alla ricerca dell'Assoluto".

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La spiritualità della strada l'hanno percepita tutti i lettori del diario in quelle sfumature di debolezza data dalla fatica, di continua ricerca dell'incontro, di solitudini che si fanno più forti nei momenti difficili. "Uscire da una grande città, quando è ancora buio, risulta problematico. Troppi incroci, le frecce gialle, che indicano il Cammino, diventano invisibili. Ti affidi alla buona sorte, o ad una coppia di pellegrini che ti precede e che possiede capacità di individuazione migliori delle tue. Poi arrivi in periferia, le frecce aumentano ed acceleri il passo, sicuro ormai della direzione. Il percorso oggi non mi è piaciuto, tanto sterrato che affiancava una strada statale trafficata e rumorosa. Solo gli ultimi 2 km mi hanno ripagato della fatica, quando una deviazione mi ha portato finalmente alla meta, Hospital de Orbigo. Un magnifico ponte segnava l'ingresso nel paese, luogo di una tranquillità unica".

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Tra le cause all'origine dei momenti di estrema stanchezza, più che la strada fu il mancato riposo, quelle nottate insonni a causa di camerate rumorose. Ma ogni volta nel racconto di don Raffaele, anche nelle difficoltà, c'è stato sempre ed ogni giorno un punto di fuga rappresentato da un "Altro", un incontro, come accaduto a San Nicolas del Camino Real dove, racconta: "A cena eravamo quasi tutti italiani, tranne una signora portoghese che aveva cominciato il cammino addirittura da Lione, più un ragazzo tedesco, che al termine di questa esperienza entrerà in un monastero evangelista e che, durante il Cammino, la domenica ha fatto voto di non parlare. Si è creato un clima cordiale, ma lui si esprimeva usando costantemente un taccuino".

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Il Cammino è stato anche cibo, dalle orecchie di maiale in umido alla zuppa di trota, per chiudere con le mejillones (cozze) con condimento piccante o semplicemente bollite gustate in compagnia di Marco e Andrea, gli amici della prima settimana coni quali il don si è ritrovato a Santiago. "Siamo giunti insieme in questa tappa finale, anche se in orari diversi. Abbiamo deciso di cenare insieme e lo abbiamo fatto in un locale sotto i portici di Santiago, gustando il tutto accompagnato da due bottiglie di un buon vino bianco, che ci ha resi brilli ma contenti di questa splendida serata".

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27 giorni che gli sono valsi il certificato di pellegrino che "documenta", attesta il percorso realizzato, con i timbri rilasciati nelle varie tappe. Una meta raggiunta non con odore di shampoo ma con vestiti mal lavati con sapone di Marsiglia. "Sono giunto quindi alla meta finale. Plaza do Obradoiro mi è apparsa prima quasi vuota, poi sempre più affollata e caotica; oltretutto, domani, proprio qui, si concluderà la Vuelta, il giro ciclistico di Spagna. Molto tempo ê andato via nel ritirare la Compostela e il certificato di distanza, ma alla fine, con orgoglio, ho ottenuto questi documenti. Ho fatto anche visita alla Cattedrale, ammirando il Botafumeiro, il grande incensiere azionato da otto uomini nelle grandi occasioni, e l'urna che contiene i resti di San Giacomo. Per il resto, Santiago è affollata e vivace, segno di una vitalità derivata dal Cammino. Domani rimango in città, prima della partenza di lunedì". Un rientro che significherà altre strade, altri percorsi, con uno zaino sulle spalle colmo di nuove energie.

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domenica 5 Settembre 2021

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